(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – L’annunciata retromarcia di Conte, pressato dai presunti alleati, sul divieto di spostarsi fra comuni della stessa regione a Natale, Santo Stefano e Capodanno sarebbe un grave errore. Per tre motivi: uno vitale, gli altri due futili. Quello vitale riguarda il sicuro aumento di morti e contagi a causa di quella concessione demagogica. Col coprifuoco alle 22 e la raccomandazione di non superare i sei commensali, chi vuole festeggiare con nonni e zii fuori città lo farà in tre pranzi “diluiti” fra il 25 e il 26 dicembre e il 1° gennaio. Pranzi che diventeranno rave party dall’alba al tramonto, con scambi di doni, tombole o altri giochi e merende, prima del rientro serale. In tempi normali, è il bello del Natale. Ma quest’anno quei pranzi gioiosi con famiglie allargate rischiano di trasformarsi in camere mortuarie. Ce lo dicono i 7-800 morti al giorno, quasi tutti ultrasettantenni, quasi tutti contagiati in famiglia. In Italia il 20% degli anziani over 65 vivono con i figli, circa altrettanti in alloggi diversi ma nella stessa città o addirittura nello stesso stabile, e ben il 50% in comuni vicini nel raggio di un chilometro. Il che spiega – insieme al record di popolazione anziana, al ritorno del Covid nelle Rsa pure nella seconda ondata, alle falle delle Asl sulla diagnostica precoce e alla mancata distinzione fra morti per e con Covid – l’alto tasso di mortalità italiano rispetto ad altri Paesi.

Il 26 novembre gli Usa hanno festeggiato il Thanksgiving Day, che riunisce le famiglie come da noi il Natale: quel giorno i morti erano 1.443 e due settimane dopo – passata la fase di latenza – erano più che raddoppiati a 3.263; idem i contagi (161mila il 26 novembre, 227mila il 9 dicembre). Anche lo shopping natalizio incide, specie dopo il Black Friday, ma s’è fatto sentire più in Germania e Regno Unito che da noi. Che per ora, quanto a contagi, siamo in continuo calo (tasso di positività sotto il 10%). Vogliamo rovinare tutto? “Non ce lo possiamo permettere”, è il mantra di Conte su ogni misura restrittiva. Ecco, la giravolta sulle tre feste fuori porta non ce la possiamo permettere. Certo, il divieto crea disparità fra chi ha i parenti nello stesso comune e chi in quelli vicini: ma lo scopo è ridurre le occasioni di incontro e contagio, dunque è un prezzo che va pagato.

I motivi futili sono politici. Primo: un premier che fissa una regola, la spiega agli italiani e poi la cambia in corsa mentre la gente si organizza per rispettarla, perde credibilità e si espone agli strali dei professionisti del “Covid governo ladro” quando la curva risalirà. Secondo: dà l’impressione di piegarsi ai diktat di chi lo sta ricattando. Il racket è un crimine, ma pagare il pizzo è peggio di un crimine: è un errore.