(ilgiorno.it) – «Oggi o la smettete o smettiamo di fare lezione, perché mi sono già stufata. Basta con ’ste chat. Manda su, manda giù, gira a destra, gira a sinistra. Non sono il vostro schiavo negro». Si è rivolta così ai suoi studenti durante la lezione di Analisi 1 la docente del Politecnico all’ennesimo messaggio dei ragazzi, collegati on line, che le chiedevano di spostare il foglio su cui stava scrivendo dei passaggi matematici perché non riuscivano a vederli. Una frase che ha subito colto di sorpresa e lasciato sbigottiti gli studenti. La lezione non era ancora finita che è scoppiata la bufera. La denuncia della frase razzista è partita immediatamente via social.
A denunciare l’accaduto è stata la lista Studenti Indipendenti dell’Università tramite un post su Facebook. «Non è la risposta che uno studente di un ateneo autodefinitosi all’avanguardia come il nostro si aspetterebbe di ricevere dopo una richiesta di aiuto durante una lezione online. Invece è successo proprio da noi, al Politecnico di Milano, come abbiamo dovuto constatare da diverse segnalazioni che abbiamo ricevuto – ha detto Tommaso Bertolini -. Il Politecnico ha inaugurato un murales che rappresenta i sette valori dell’ateneo. Ci si aspetterebbe dunque un impegno forte contro la discriminazione razziale».
Alla lezione on line partecipavano gli studenti dei corsi di informatica, ingegneria elettrica, elettronica e dell’automazione. Al centro del polverone anche il trattamento riservato agli studenti in generale: «Da quando è iniziata la pandemia i professori del Politecnico hanno assunto un atteggiamento di conflitto contro di noi. Un esempio sono gli esami che sono stati resi più difficili con alcuni docenti perché si pensa che noi da casa copiamo automaticamente – rimarca Bertolini -. Il fatto della professoressa in questione è gravissimo e non vogliamo che finisca qui, chiediamo seri provvedimenti. Basta con eventi pubblici in cui ci diciamo da soli quanto siamo bravi e poi ci troviamo invece di fronte a queste cadute di stile».
Non solo Studenti Indipendenti, a prendere posizione contro l’accaduto anche Fabrizio Vasconi della lista studentesca Terna Sinistrorsa: «Il razzismo in Italia è sistemico e non risiede in sole poche persone ignoranti: è diffuso ovunque, dagli stadi all’università, dalle scuole ai luoghi di lavoro. Come Terna Sinistrorsa siamo già in contatto con tutti i soggetti del Politecnico per risolvere la questione, dobbiamo costruire una comunità in cammino sul sentiero dell’inclusione, lontana da ogni discriminazione. Come possiamo riuscirci? Continuando a studiare, mettendoci in discussione e analizzando nel dettaglio i processi sociali che ci circondano: ascoltiamo punti di vista differenti dai nostri – ha concluso -. Condanniamo fermamente tutti gli episodi di razzismo, sessismo e fascismo e continueremo a combattere per fermarne la nociva e tossica proliferazione». Fino a ieri sera il Politecnico non ha commentato nè rilasciato alcuna dichiarazione sull’accaduto.
Che rottura: è dal 1968 che somari ignoranti pretendono il 18 ” politico” aarrampicandosi sulle motivazioni più nobili, democratiche, progressiste. Nel famigerato ’68 mi iscrissi allo Studium Urbis e già da allora chiunque non fosse dichiaratamente ” de sinistra” con la divisa d’ordinanza ( jeans, eskimo, folta chioma possibilmente poco lavata, desert boots) era bollato come fascista anche se io ero banalmente liberale. Dopo la miserevole fine dell”URSS tutti questi rivoluzionari democratici, amici degli ultimi divennero “liberali ” amici del mercato e io capii di essermi trasformato, A MIA INSAPUTA, in comunista poiché continuavo ad essere fedele alla Repubblica e a tutte le sue leggi per il pubblico bene, come avevo giurato.
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Confesso che, da persona che ha visto nel 68 italiano non anni formidabili ma una grande occasione sprecata dalla cattiva fede di chi poteva farne un momento di crescita intelligente (ogni riferimento a Mario Capanna è voluto), non capisco il suo commento, Paolo. Qui si sta commentando la frase infelice di una docente (che conosco) che denota una certa arretratezza sociologica. Senza l’aggettivo, lo sfogo per me non sarebbe stato legittimo (vedendo YouTube è vero che il foglio si leggeva poco) ma poco rumoroso. Ma perché usare una categoria etnica per rafforzare il concetto? Perché non si pensa alla sensibilità di chi ascolta. Non mi straccio le vesti, ma 68 o non 68, i docenti devono insegnare, non dare voti o promozioni. Gli studenti sono, in qualche modo, i loro datori di lavoro, in un rapporto regolato non dal “pago, quindi pretendo” o addirittura “ho diritto alla promozione a prescindere” ma da una qualità nei rapporti umani fino alla valutazione finale. La quale deve essere severa ma intelligente, senza sconti o pretese, ma senza dimenticare che gli studenti sono persone.
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