CENTRODESTRA. TRA MONTECITORIO E PALAZZO MADAMA GLI AZZURRI ALLA FINE AIUTERANNO I GIALLOROSA

(di Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano) – L’aneddotica, si sa, dura il tempo di un istante. Ma se a ritornare a quel 2 ottobre 2013 in cui Silvio Berlusconi cambiò idea votando la fiducia al governo Letta, oggi sono gli stessi parlamentari di Forza Italia, vuol dire che qualcosa bolle in pentola. La speranza è che succeda anche mercoledì prossimo sul Mes, condita da una certezza: “Silvio muta forma a seconda del momento e quindi anche stavolta potrebbe cambiare idea all’ultimo”, dice un forzista di peso tra i divanetti di Montecitorio.

Sicché tra le chat dei parlamentari di Forza Italia spunta il pallottoliere. Una lista di possibili dissidenti – alcuni sicuri, altri presunti – che potrebbero astenersi o uscire dall’aula. Alla Camera, dove il gruppo è guidato dalla governista Mariastella Gelmini che fa asse con Gianni Letta, si dice siano 20 tra cui – oltre a Renato Brunetta, che ha passato ore difficili tra le voci di chi lo voleva fuori – Stefania Prestigiacomo, Andrea Ruggieri, Luigi Casciello, Paolo Russo, Renata Polverini, Roberto Occhiuto e Osvaldo Napoli. I deputati vicini a Mara Carfagna, data in uscita da tempo. Poi c’è il Senato, dove il gruppo invece è quasi tutto filo-leghista perché manovrato dalla salviniana Licia Ronzulli, e qui i voti che potrebbero mancare al centrodestra sono di meno, circa 6, ma più pesanti perché a Palazzo Madama i numeri sono ballerini e un’uscita tattica potrebbe aiutare i giallorosa ad abbassare il quorum, visto che non servirà la maggioranza assoluta. E allora al Senato chi sta passando ore travagliate è Andrea Cangini, Barbara Masini ma anche Franco Dal Mas. Più i tre senatori fuoriusciti – Gaetano Quagliariello, Andrea Romano e Massimo Berruti – che sono addirittura intenzionati a votare “Sì”. “Se nel centrodestra non c’è una discussione e decide tutto Salvini, noi non ci stiamo”, spiega convinto Quagliariello. Così la soluzione potrebbe essere una risoluzione equilibrista, scritta da Tajani e Brunetta: dire “no” alla riforma del Mes, ma “sì” a quello sanitario. Ma in quel caso, la spaccatura nel centrodestra è quasi sicura visto che in aula si voterà per punti e se la coalizione potrebbe trovare un’intesa sul “niet” alla riforma, si spaccherà sulla richiesta dei 37 miliardi.

Così ieri Matteo Salvini ha telefonato a Berlusconi chiedendogli di non fare “la stampella” al governo, messaggio prontamente fatto filtrare da fonti leghiste. E che i rapporti tra Lega e FI siano gelidi lo dimostra anche il caso di Torino dove ieri si è candidato l’imprenditore in quota Lega, Paolo Damilano, stoppato subito dai forzisti locali che rilanciano il nome di Claudia Porchietto. Ma la spaccatura in FI si riflette anche sul cerchio magico. Berlusconi è tornato a Nizza, nella villa della figlia Marina, insieme alla fidanzata Marta Fascina e ora è assediato dai colonnelli romani: da una parte il trio Tajani-Ronzulli-Ghedini, dall’altra Letta e Marina furiosi con l’assistente di Berlusconi perché considerata “il braccio armato di Salvini” nel partito. Ronzulli, infatti, ha anticipato l’ex Cavaliere sostenendo il “no” al Mes e sparge veleni contro Gelmini che “non è in grado di tenere il gruppo alla Camera”. E così Berlusconi si sarebbe convinto ad allontanarla perché Licia “fa il gioco di Salvini”. Un tutti contro tutti che potrebbe riemergere in aula il 9 dicembre. “Non credo che Berlusconi voterà no alla riforma del Mes”, profetizzava ieri Pier Ferdinando Casini.