(Luca Telese – tpi.it) – E io, stasera, che vaccino mi metto? Sembra una domanda scherzosa, ma è un interrogativo terribilmente vero, nella nuova dimensione di consumo sanitario che si sta spalancando davanti ai nostri occhi, senza quasi rendercene conto. Il tema è delicatissimo: la possibilità di accedere a ben cinque diversi tipi di vaccino anti-Covid si profila di fronte a noi, per difenderci dall’epidemia. Cinque diverse tecnologie profilattiche, cinque diversi prezzi, cinque diversi tipi di effetti, e (alle loro spalle) sei diversi complessi industriali-sanitari che decantano la loro mercanzia.
Il primo tema si pone già qui: in questa fase sui media c’è una libertà di mercato, e persino di promozione para-pubblicitaria. Ma di fatto non esiste – e c’è il rischio che non esista mai – una libertà di scelta. Possiamo quindi vedere la mercanzia, ma, soprattutto nella prima fase, non saremo noi a decidere. Una sorta di consumismo virtuale, asimmetrico e ingannatorio. Che non è quello della storica antitesi polemica fra i No Vax e i loro avversari, ma quella tra persone che vogliono tutte un vaccino, ma – come ha ben spiegato Andrea Crisanti (volutamente frainteso) – non ne vogliono uno qualunque.
Alcune indicazioni preziose per orientarsi in questa jungla le ha date una stimata ricercatrice italiana, si chiama Cristina Cassetti, che lavora nello staff di Anthony Fauci. La Cassetti ricorda che, oltre al vaccino di Pfizer, sono in arrivo in tempi rapidi quello di Moderna, di Janssen e di AstraZeneca. E che poi, nei mesi successivi, si aggiungeranno a questo menù “i vaccini con proteine ricombinanti di Sanofi e NovaVax. A questi bisognerebbe aggiungere altri due vaccini di cui non sono state date pubblicazioni scientifiche: quello cinese, e il famoso Sputnik, il vaccino russo di Putin (testato sulla figlia).
Andiamo a quelli più vicini a noi (nel senso di possibilità di accesso). Il vaccino di Pfizer è in realtà sviluppato da una ex startup acquisita dalla multinazionale BioNTech. La BioNTech è guidata da uno scienziato di origini turche (si chiama Ugur Sahin) di cui abbiamo parlato su questo sito. Quello di AstraZeneca è forse il più prossimo a noi (questa volta in senso geografico), perché è prodotto (in parte) in Italia, in concorso con il centro di eccellenza più importante d’Europa, l’Università di Cambridge.
“Litri di vaccino sono già stoccati ad Anagni vicino Roma pronti ad essere infialati da Catalent, un nostro partner”, ha detto oggi al Corriere della Sera Lorenzo Wittum, amministratore di AstraZeneca Italia. E l’immagine è davvero impressionante: imminenza, accessibilità, quantità.
Forse, però, proprio questa campagna mediatica che si sta agitando intorno ai vaccini rischia di essere fuorviante: durano di più o di meno, possono andare nel frigo di casa o no, sono efficaci al primo o al secondo richiamo? Tutte cose importanti, ma non risolutive. In primo luogo perché ci dovrebbero chiarire – e su questo sarebbe legittimo aprire un dibattito – se ai consumatori può essere data una opzione di scelta: se questa opzione non esiste, per paradosso, è meglio che non ci dicano nulla. E in secondo luogo perché tutti i prodotti rischiano di essere messi sullo stesso piano, quando così non è.
Mi spiego: AstraZeneca non è equivalente a tutti gli altri per una questione di costi: ovvero di valori e di valore insieme. E, soprattutto, non è uguale agli altri per un costo che non è frutto del caso, ma di una scelta ben precisa. Quella di diffondere il vaccino ad un prezzo di produzione sino alla fine della pandemia. Ecco il motivo per cui, mentre gli altri costano più di 25 euro, quello di Astra-Zeneca costa 2,5 euro a dose.
So che qui si potrebbe porre questa obiezione: “Ma io, cittadino, questi soldi non li pago, perché il servizio nazionale coprirà i costi di vaccinazione”. Ma è un ragionamento sbagliato: quel prezzo si riverbera sui bilanci della Sanità pubblica, diventa una spesa sociale, si traduce in risorse sottratte ad altri investimenti che non possono essere contenuti. Quindi, da domani, chiedetevi quale vaccino vi mettereste, e anche quale vi mettono nel ricettario, e perché.
Telese
le azioni dell’AstraZeneca sono in calo per il terzo giorno consecutivo.
Il motivo pare sia che gli esperti mettono in dubbio il suo vaccino COVID-19.
Si scopre che il 90% dell’efficacia di questo farmaco si è manifestato solo nella fascia di età fino a 55 anni.
Nei pazienti di età superiore a questa età, il vaccino ha funzionato in un numero molto inferiore di casi.
per lei funziona (forse) ma solo al 90% (sapesse che calcoli fanno per stabilire le percentuali…)
in un audit si è rivelato una differenza significativa nel grado di efficacia del farmaco.
Dipende dalla quantità di vaccino che il paziente riceve.
Un ciclo di due dosi complete di vaccino somministrato a un paziente
a un mese di distanza è stato efficace solo per il 62%.
Allo stesso tempo, quei partecipanti che hanno ricevuto metà della dose del vaccino
durante la prima vaccinazione e l’intera dose con il secondo vaccino, erano protetti al 90% da COVID-19
per cui attendo a quanto le danno in siringa
(fonti Bloomberg)
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Io sono fortemente contrario all’obbligo vaccinale e sono ferocemente contrario alla negazione di un dibattito sui vaccini.
Lo dico perchè in questo modo si insinua nella gente il timore del sopruso e quindi la sfiducia.
I vaccini sono diventati un business. È vero ed è scandaloso. I vaccini dovrebbero tornare appannaggio degli Stati.
Se invece di dare del “negazionista” a chi vorrebbe avere spiegazioni o portare obbiezioni, si spiegasse che nei Paesi dove non esiste il vaccino per la polio, la poliomielite miete vittime a migliaia, o che se adesso qualcuno può permettersi di non vaccinare i figli è perchè la maggior parte lo fa, forse gli argomenti sarebbero più convincenti.
Non c’è onestà nel negare che i vaccini POSSONO AVERE effetti indesiderati, e che va valutato il rischio beneficio, ricordando però che questo è un mondo globalizzato e che molte malattie che crediamo debellate sono dietro l’angolo.
Io ad esempio, mi faccio l’anti influenzale ogni anno. So, che l’immunità naturale è meglio, ma un’influenza grave alla mia età non è come a 20 anni e ci potrei lasciare le penne.
Nascondendo i lati sgradevoli anzichè discutere di quelli vantaggiosi, vietando il dibattito, anzichè accettarlo e sostenerlo, non fa che aumentare la sfiducia della gente. Con buona pace di chi crede il contrario.
p.s. di vaccini per il Covid ce ne saranno a iosa. Non so con quale grado di efficacia.
Di sicuro in Europa accetteranno quelli a RNS anglo-americani perchè siamo colonia, ma a pagamento ci saranno anche gli altri.
Quello cinese di sicuro.
Io farò solo quello Russo: Putin se lo è fatto iniettare in diretta, è statale e non è cinese.
Mi fido.
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Quando ero adolescente i famigerati democristiani organizzarono nel 1964/65 contro la poliomielite, la vaccinazione obbligatoria e in massa di tutti i giovani fino ai 21 anni di età. Ricordo che eravamo in fila al Circo Massimo per entrare nel palazzone rosso comunale di via dei Cerchi. Una volta dentro ci veniva data ( gratis) una zolletta di zucchero su cui campeggiava al centro una macchia rossa: il vaccino Sabin. Mesi dopo veniva fatto il richiamo.I Carabinieri, elenchi anagrafici alla mano, spuntavano tutti i nomi di ragazze e ragazzi. Chi non si presentava li vedeva arrivare alla porta di casa. Risultato: malattia sparita.Ricordo anche compagni di scuola con un braccio o una gamba rinsecchiti a causa della polio prima di quegli anni. L’ultima volta che ne ho visto uno è stato nel 1995, nella scuola di mio figlio: un dodicenne, immigrato cinese che l’aveva contratta da bambino nel suo Paese.
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Io ricordo che di averlo fatto a scuola, ero in V elementare.
Ci mettemmo tutti in fila, con un po’ di paura e di schifo, perché qualche compagnetto “bene” (!) informato ci aveva detto che quella chiazza rossa nello zuccherino era sangue di scimmia!
Probabilmente girava la notizia relativa alla scoperta del fattore rh, ma noi bambini avevamo creato un mondo tutto nostro di fanta-scienza e quella fila ordinata ed impaurita ha, nel mio ricordo, un che di distopico.
Ovviamente affrontare la prova coraggiosamente e uscirne vittoriosi ci dava un senso di eroismo e complicità, come se fossimo compagni partigiani in battaglia
…e la vincemmo quella battaglia, la Scienza col suo “sangue di scimmia” e noi…
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Da quando l’uomo ha voluto ritagliarsi un posticino da leader nell’Universo a discapito dell’Essere ha creato un mondo di antinomie, aporie, dilemmi, sguazzanti come coccodrilli, nell’oceano della sua comica solitudine ed ingenuità. Così facendo è finito per far diventare la vita, una mostruosa superstizione a cui si è attaccato come una cozza, trovando, da questa falsa prospettiva, pure il buon tempo e il coraggio di illudersi di essere ad un passo dallo svelarne il segreto, come mai sarebbe riuscito, dalla sua comparsa, a fare: che fine ingloriosa, quanto meritatissima, di un microbo presuntuoso quale altro non è diventato!
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Mi piace assai.
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