(Giulia Marrazzo – tpi.it) – Nonostante sia l’emergenza Covid il tema prioritario per i cittadini, ci sono partite politiche importanti da giocare da qui a breve, prima fra tutte quella tra Pd e M5s sulle future elezioni amministrative. Il gioco si fa duro per i giallo-rossi e il campo è, nemmeno a dirlo, Roma.

È una partita ardua quella della Capitale: molti sono gli interrogativi e l’elettorato di centrosinistra potrebbe non digerire l’accordo con un Movimento 5 Stelle espressione della giunta Raggi. Dopo i famosi “7 nani” – definiti da molti nei mesi scorsi gli “autocandidati” alle primarie del centrosinistra – il Pd starebbe valutando altre opzioni. Secondo fonti del Partito Democratico, tre sono gli scenari possibili di cui si attendono sviluppi.

La prima ipotesi, conseguenza naturale dell’accordo di governo, sarebbe quella di proporre un candidato comune che rappresenti l’alleanza, probabilmente una figura civica o una personalità politica che possa essere un trait d’union. In questo caso il Movimento dovrebbe sfilare l’attuale sindaca Virginia Raggi, possibilità sempre più accreditata da quando il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha esplicitato la sua propensione a voler far coincidere l’alleanza di governo con le future giunte comunali.

Ad avallare la posizione dell’ex capo politico M5S, ci ha pensato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che, non avendo invitato la sindaca Virginia Raggi al tavolo sul Giubileo 2024, le ha implicitamente inviato un messaggio: “Non sarai tu a gestire il Giubileo.” In questa trattiva bisognerà quindi capire se l’anima movimentista del M5S cederà ai governisti. E all’interno del centrosinistra si dovrà tenere d’occhio quindi la decisione di Renzi. A lui, infatti, il compito di scegliere se scaricare Calenda, rimanendo fedele all’alleanza di governo, o supportare il leader di Azione.

Il secondo scenario riguarda proprio la candidatura di Carlo Calenda. Potrebbe essere lui a guidare il centrosinistra? Possibile ma, fanno sapere dal Pd, “difficoltoso”. Se resterà “il più forte in campo”, se “farà le primarie” e se il Pd non riuscirà a portare a casa l’accordo con il Movimento, l’ipotesi potrebbe concretizzarsi. Ciò vorrebbe dire che i Dem non avranno un nome loro da indicare, ipotesi remota ma pure possibile.

La paura principale è che il leader di Azione sia una figura troppo divisiva e non riesca a diventare espressione di quella sinistra autoctona, popolare e non ‘radical chic’. Inoltre il leader del partito Azione potrebbe essere mal visto da quell’elettorato grillino che il centrosinistra spera di avere dalla sua parte al secondo turno.

I “se” e i “ma” sembrano davvero troppi per far sì che questa ipotesi si concretizzi ma Calenda, ad oggi, è l’unico che sta giocando realmente la partita, procedendo spedito per la sua strada, Pd o non Pd, o almeno così pare.

In tutto ciò ci sarebbe un altro nome che “gira” nei corridoi del Nazareno, la candidatura forse più forte per il Partito Democratico: quella dell’attuale segretario e presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Un’opzione, tuttavia, non prediletta dallo stesso Zingaretti. Troppi i rischi e diverse le variabili da tenere in considerazione. Prima fra tutte la difficoltà di dimettersi da presidente durante la pandemia, abbandonando così la Regione ma non solo. La normativa vuole, infatti, che dalle dimissioni passino, per andare al voto, un massimo di 60 giorni e sarebbe controproducente far coincidere le elezioni regionali con quelle comunali.

Il nome del segretario continua comunque a girare nelle stanze, soprattutto se le amministrative venissero posticipate a settembre. Anche se non è l’opzione principale a cui starebbero lavorando, con Zingaretti, che parteciperebbe di buon grado alle primarie di coalizione, “Calenda farebbe un passo indietro” e si scioglierebbe forse il bandolo della matassa dell’alleanza Pd-M5S.

Con o senza Raggi, il leader Dem potrebbe portare dalla sua l’elettorato grillino e i piani alti del Movimento. “Nicola” ci starebbe pensando, ma “potrà ancora fare il segretario se diventasse sindaco?” Nulla lo vieta formalmente anche se alcuni si interrogano dentro il partito, pur sottolineando che, secondo diversi sondaggi, sarebbe il candidato “più forte in campo”.

Sicuramente non siamo al cosiddetto rush finale per capire chi guiderà il centrosinistra nella corsa al Campidoglio ma queste, per ora, sono le ipotesi al vaglio del Partito Democratico. L’unica certezza per il Pd è la volontà di riportare “a casa” la Capitale: “Roma – affermano – bisogna vincerla”.