(Marcello Veneziani) – Fateci capire. Quando la pandemia era ai minimi livelli avevate voluto prolungare l’emergenza e dunque dotarvi di poteri speciali per fronteggiare il covid. A noi sembrava assurdo, in estate, nessun altro paese lo faceva, bastano i poteri ordinari per fronteggiare le eventuali necessità insorgenti; ma voi lasciavate capire che disponevate di rilevazioni, di dati, di proiezioni preoccupanti che vi inducevano all’emergenza. Poi avete ripetuto per tutta l’estate di non abbassare la guardia e che il covid ci aspettava di ritorno dalle ferie, in autunno.

Ma i primi ad abbassare la guardia, i primi a non crederci al ritorno del virus, eravate voi. Perché non si può spiegare altrimenti l’impreparazione totale davanti al ritorno del virus, sul piano strutturale, sul piano sanitario, sul piano della prevenzione. Stiamo ancora a parlare di mascherine e chiusure e a raccomandare di comportarci bene. È qui che la colpa di non aver fatto nulla si aggrava e diventa qualcosa di più di un semplice errore: la malafede di aver usato l’emergenza e il virus per inchiodarvi al potere e disporre di decretazioni rapide che allargavano smisuratamente i vostri poteri, ma senza avere un piano per fronteggiare il virus. Avete usato la paura per restare al potere ma non avete usato la paura per allestire, nei trasporti, nelle scuole, negli ospedali, nel territorio, nei protocolli da consigliare ai cittadini, un programma di prevenzione. Solo prediche, moniti, retorica travestita da etica.

La percezione del cittadino è quello di essere indifeso, totalmente indifeso, rispetto alla sorte, alla malattia e alle misure adottate per arginarla. Indifeso. In balia del Caso o del Destino, affidato alla Provvidenza o alla Fortuna, confidando solo nella salute personale e dei congiunti. Non si fida più, e a ragion veduta, nemmeno dei virologi o dei video-scienziati, li vede discordi, balbettanti, catastrofisti o rincuoristi ma privi d’indicazioni utili, di consigli pratici da adottare, oltre quelli primordiali di nascondersi, in casa e nelle maschere. Ma nascondetevi voi, coi vostri inconcludenti sermoni.

Ci sentiamo indifesi perché abbiamo la netta sensazione che ogni decreto non serva a nulla, non argini l’escalation ma sia solo un percorso, un gioco dell’oca per arrivare al punto finale: lockdown generale. Quando non sai che fare, chiudi tutto e barrichi tutti. Nascondetevi. Mi sembra di essere tornati a Ben Hur, al tempo in cui i lebbrosi finivano semplicemente segregati. Stavolta in quanto potenziale lebbroso, viene segregato un intero popolo di sani.

Il vostro alibi ora è la Francia, che è nei guai come e peggio di noi, ha perso il controllo; e dico la Francia per indicare mezza Europa alle prese con la recrudescenza del virus. L’alibi francese con le sue misure restrittive. I soldi non arrivano dall’Europa, e nemmeno utili modelli per fronteggiare efficacemente il virus; ma la clausura universale sì.

A rendere insopportabile tutto questo è il protagonismo tornante di Giuseppe Conte, il suo straparlare, strapredicare, strapromettere, parlare sempre e solo con le perifrastiche – stiamo per fare, stiamo lavorando – riceverete, avrete. Le tragedie tornanti non rendono più sobrio il suo vanesio egocentrismo. Almeno gli altri, i Roberti, cioè i Gualtieri e soprattutto gli Speranza, che pure ha le sue responsabilità per questa denuncia del pericolo costante senza aver adottato però alcun programma in chiave sanitaria. Ma loro almeno non fanno gli show, hanno la cresta basta, mantengono un profilo di sobrietà, capiscono che non possono farsi belli sul disastro. Conte no, insiste, e fingendo di rassicurarci ci fa sentire ancora più indifesi, in balia della chiacchiera, dei birignao istituzionali, delle favolette per pupi, della vanità di governo, in tutti i sensi.

La protesta sociale è comprensibile, sacrosanta, e non si può adottare una specie di sineddoche ideologica per delegittimarla: prendere la parte per il tutto e ridurre un vero, diffuso malessere di lavoratori e datori di lavoro alle frange estremiste di ogni colore e di ogni curva. Chi soffia sul fuoco non è responsabile dell’incendio: perché le fiamme divampano dalla disperazione sociale, dai sacrifici di questi mesi, dalle misure osservate, dai materiali acquistati per fronteggiare il virus e poi ritrovarsi chiusi o semichiusi, al punto di prima, il più basso, quello che precede la chiusura finale. A tutto questo non si risponde solo coi bonus, le mance, le stecche di cioccolata dei soldati americani. Ci vogliono piani, strategie.

Ma il rimedio qual è? Mi accorgo che anche tra gli europeisti a oltranza non c’è nessuno che implori adesso un commissariamento europeo dell’Italia, una bella troika per fronteggiare l’emergenza: sanno che l’Europa sa dare ordini, sa chiedere soldi, interviene quando sei sul lastrico finanziario per ridurti in servitù, come fu in Grecia, o magari promette soldi in forma di debiti, a fronte di forti condizionamenti ma in caso di difficoltà ti abbandona: lo fece con i flussi migratori, lo fece con le crisi mediorientali, lo fece con l’invasione commerciale cinese, e lo fa col virus. L’Europa non esiste, è divisa in nazioni inguaiate ciascuna per conto suo.

E allora la domanda resta: cosa si può fare? Dovrei dire un governo di emergenza nazionale con personalità di prestigio al di sopra delle parti (a trovarle). O un autorevole commissariamento del governo in carica, con una ristretta regia di persone, una troika, un triumvirato – uno dedicato a fronteggiare l’emergenza sanitaria, l’altro l’emergenza socio-economica che ne deriva e il terzo a trovare la sintesi politica e la strategia di uscita. Una cabina di regia che risponda al Capo dello Stato e al Parlamento, ma agisca in autonomia. Insomma un nucleo ristretto che sappia prendere in mano la situazione e azzardare una linea di programmazione. A trovarli, per giunta col treno del virus in corsa.

La Verità 29 ottobre 2020