(di Selvaggia Lucarelli – Il Fatto Quotidiano) – “Matteo Bassetti, fatteli tu 7 vaccini, sei basso, sei piccolo. Lo dice anche il cognome”. Scrisse così, un gruppo di no-vax, sulle vetrate della clinica di Infettivologia dell’Asiud di Udine, dove Matteo Bassetti, fino a ottobre 2019, era primario di Infettivologia.

E non era mica una scritta a caso. Il gruppetto di no-vax magari era pure convinto che i vaccini contenessero mercurio collegato a un microchip sotto pelle che può abbassare o alzare la nostra temperatura corporea, ma su quale fosse la leva giusta per ferire il professor Bassetti aveva le idee chiarissime.E quella leva è la vanità.

Perché Matteo Bassetti, l’infettivologo di riferimento del centrodestra, quello che tutti consultano per avere la frase a effetto da mettere in un titolo o la bordata del giorno al governo, si piace tantissimo.

Corre voce che lui combatta i virus non per passione e competenze, ma perché non tollera che esista qualcosa di più virale di lui. Se l’Ansa non batte entro cinque minuti la sua frase “Il Genoa è la Waterloo dei tamponi” o “Abbiamo a che fare con un virus fornaio. Contagia solo di notte!”, Bassetti va in auto-quarantena fiduciaria nella toilette finché non partorisce una frase ancora più d’effetto da consegnare ai giornalisti.

Ci aspettiamo da un momento all’altro che dica “Il Coronavirus mi ha parlato” o “Le mascherine vanno ingoiate e con il pesto sono più digeribili”. Matteo Bassetti si piace così tanto che in piena pandemia diventa testimonial di un’azienda di cravatte o appare la sua foto nelle certificazioni di sanificazione e derattizzazione di un’azienda privata, e a chi glielo fa notare con una certa perplessità risponde “Ho la mia popolarità e ne faccio quello che voglio”.La Lady Gaga delle pandemie, insomma.

E tanto si piace, Matteo Bassetti, che finisce per piacere pure agli altri. Abbastanza opaco durante la prima ondata del Coronavirus, ha acquistato più forza e consensi in questa seconda fase, in cui serve ottimismo.Se a marzo ci si affidava più al realismo di Massimo Galli, al rigore senza sconti di Andrea Crisanti, alle raccomandazioni tecniche e materne di Ilaria Capua, ora vince il pragmatismo scorbutico e vanesio di Bassetti e Bassetti è, di fatto, lo scienziato della seconda ondata.

Quello meno virale dei primi, ma più subdolo, più furbo, più necessario. Serve, adesso, un professore che dica “basta terrorismo”, “un secondo lockdown non ci sarà”, “Le mascherine all’aperto sono inutili”, uno che aiuti l’economia a ripartire, tranquillizzi la gente e che soprattutto si piaccia.Le tv se lo litigano, Dagospia scrive che gli omosessuali sono pazzi di lui e interpretano le teorie lombrosiane per cui il suo naso e le sue mani sono la spia delle sue virtù, lui ha la pelata sempre più lucida, la barba sempre più disegnata. E che sia sempre più convinto di essere il più figo, il più affascinante, il più autorevole lo racconta bene la scenetta di due sere fa a #Cartabianca.

Gli ospiti sono lui e Crisanti, la Berlinguer concede un paio di minuti in più di spazio a Crisanti e lui, piccato come una Belen qualunque a cui hanno tagliato il balletto finale per far fare una battuta alla Ferilli, protesta: “Parla sempre lui, cosa mi avete invitato a fare?”.Del resto, Bassetti ha fatto della spocchia il suo cavallo di battaglia, e guai a contraddirlo, perché nel caso non gli si dia ragione su qualcosa, ricorda a tutti che lui è titolato, mentre chiunque non abbia il suo curriculum deve dedicarsi a pulire le incrostazioni sui fornelli. E questo nonostante sia tra quelli che sostengono tesi bislacche e assai vicine a quelle del negazionismo più azzardato, tipo: “Non possiamo sapere quanti sono stati i morti per il Coronavirus a marzo e aprile perché non si facevano le autopsie”.

Certo, peccato che i dati Istat spieghino che a Bergamo ci siano stati 5.000 morti in più dello scorso anno (+600%), tra fine febbraio e fine marzo, e così in varie città del nord.

Ma all’infallibile Bassetti andrebbero ricordate anche le tante dichiarazioni scivolose della prima ora e non solo, da“Non c’è epidemia, non saremo chiusi in casa, non moriremo tutti, a questo gioco io non ci sto!”,“Il vaccino forse arriverà tra 6/12 mesi” (24 febbraio),“Precauzioni? Non servono”.

“Gli anziani? Facciano la loro vita normale”.“Chi ha programmato viaggi li faccia tranquillamente”.“È più simile all’influenza che alla peste bubbonica” (9 marzo).E ancora: “La chiusura delle scuole? Hanno preso una decisione politica per uniformare il Paese, finora il governo non ne ha imbroccata una”,“È una forma un po’ più impegnativa di influenza,” “Burioni il gufo”,“Abbiamo affrontato ben di peggio in passato. L’influenza suina H1N1 nel 2009 ha provocato nella sola città di Genova 100 ricoveri in terapia intensiva con oltre 10 morti. Il sistema è perfettamente in grado di gestire queste situazioni!”,“I numeri alla fine daranno ragione a chi dice che questa è molto simile a un’influenza pandemica, che non vuol dire influenza stagionale. Ma parleremo alla fine di chi ha ragione”.

Ecco, ne stiamo parlando adesso. E non aveva ragione lui. Però spera che tutti se lo scordino, magari perdendosi nei suoi occhi.