(corriere.it) – «Quota 100 è un progetto triennale di riforma che veniva a supplire a un disagio sociale. Non è all’ordine del giorno il rinnovo di quota 100». Lo dice il premier Giuseppe Conte al festival dell’Economia di Trento, precisando che piuttosto «tra le riforme che ci aspettano possiamo anche lavorare su quella delle pensioni. Dobbiamo metterci attorno a un tavolo: ad esempio fare una lista dei lavori usuranti mi sembra la prospettiva migliore. Un professore universitario vorrebbe lavorare a settant’anni, mentre in tanti lavori usuranti non possiamo prospettare una vita lavorativa così lunga. Dobbiamo avere il coraggio di differenziare».
I decreti sicurezza
Il premier ha anche affrontato un tema delicato di questi giorni, le modifiche ai decreti sicurezza, che, assicura, «cercheremo di portare al primo consiglio dei ministri utile, stiamo lavorando sul piano tecnico». Sulle modifiche da apportare, ha sottolineato Conte, «già prima dell’estate è stato fatto un lavoro intenso. Vogliamo allargare il meccanismo di sicurezza e protezione per i cittadini e per i migranti che spesso arrivano in condizioni di fortuna. È un progetto molto più ampio».
I dati del Pil
«Standard & poor ha fatto le stime di calo del Pil più ottimistiche di quelle che abbiamo noi attualmente: danno 8,9%. L’Istat ci dà un indice di fiducia che sta salendo. Abbiamo dati molto positivi ma l’Italia non potrà mai avere un rimbalzo molto significativo se gli altri Paesi europei si troveranno nei guai. Non si cresce da soli».
I redditi degli italiani
«Meno male che avevamo una misura di protezione sociale come il reddito di cittadinanza cui abbiamo aggiunto il reddito di emergenza. Certo si possono sempre migliorare in fase di attuazione. In due anni calare una misura così complessa in un tessuto sociale che presenta criticità strutturali, non è affatto semplice». Lo dice il premier Giuseppe Conte al festival dell’Economia di Trento.
«Il progetto di inserimento nel mondo del lavoro collegato al reddito di cittadinanza ci vede ancora indietro. Ho già avuto due incontri con i ministri competenti: dobbiamo completare quest’altro polo e dobbiamo riorganizzare anche una sorta di network per offrire un processo di formazione e riqualificazione ai lavoratori. Dobbiamo cercare di costruire un percorso coordinato. Spero che nei primi mesi del 2021 potremo presentare l’altro progetto, quello che incrocia l’attuazione del reddito di cittadinanza con l’inserimento nel mondo del lavoro».
Ma perchè deve passare il concetto che “quota 100” sia stata fatto solo per volere della Lega?
Il superamento della legge Fornero è nel programma del M5S.
La cosa migliore sarebbe anticipare, con quei soldi, la pensione per i lavoratori che fanno lavori usuranti. Ad esempio le badanti devono sollevare anche anziani in sovrappeso, e non mi sembra giusto che lo debbano fare fino a 67 anni rischiando di fare e di farsi del male.
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Co-nte, Co-nte, Co-nte, Co-nte, Co-nte… AHAHAHAHAH… Cont&Mes! Vermouth conosciuto in tutto il mondo per il suo giusto equilibrio tra l’intrigante nota agrumata tipica di Carpano e l’amaro della china e dell’assenzio
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@SOMARO CRIMINALE NEGAZIONISTA
Sei ritornare a fornire contributi nell’unico modo che conosci, dileggiando e insultando.
Tu sei il Negazionista appiattito su ZANGRILLO, quello che il virus è clinicamente morto. Hai messo in dubbio i numeri sui decessi e sui ricoverati in terapia intensiva, secondo te gonfiati.
Siamo tornati a 250 RICOVERATI in TI.
Piuttosto, emerito imbeciIIe, non hai scritto nulla su quota 100, argomento oggetto dell’articolo.
Dai, ci riusciresti? FACCE RIDE.
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rosica rosica. Ti consigliio di continuare a scrivere di calcio (anche se ci capisci poco pure di quello)
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Quel minimo di credibilità residua il M5S se lo gioca con l’uscita incauta di Conte: quota 100 era di fatto l’unico tema veramente condiviso tra Lega e 5Stelle (anche se l’imprimatur era della Lega).
Un voltafaccia che dimostra una volta di più che il M5S ormai è stato messo con le spalle al muro dal partner di governo, che vanta la metà dei suoi parlamentari.
Di fronte ad un ribaltamento impressionante dei rapporti di forza, che non esprimono più la consistenza parlamentare, una catastrofe elettorale che non ha fine, sarebbe il caso di fare la legge elettorale, ridisegnare le circoscrizioni, ed indire nuove elezioni.
Non è possibile che si tradisca così spudoratamente la volontà popolare, che ha avuto la sua manifestazione istituzionale nel Parlamento del 2018: ormai al governo c’è un monocolore PD, coll’appoggio esterno del M5S.
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Spero che Pausilypon, una delle rarissime persone degne di questo blog, direi oramai al mondo, abbia capito che con il mio intervento non volessi dire che ciò che lui ha, nel dettaglio, spiegato: i poveretti che ancora blaterano del futuro dei 5S non stanno accorgendo che gli stanno facendo fare una bella ‘doccetta’ di sputacchi senza lo shampo!
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e.c.: volesse
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e.c.: era giusto “volessi” 🙂
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QUOTA 100 E’ STATO UN CLAMOROSO INSUCCESSO.
INUTILMENTE COSTOSO E SFRUTTATO MAGGIORMENTE DAI LAVORATORI PUBBLICI.
Per chi perdesse il lavoro in un’età critica preferirei fossero approntate altre soluzioni dedicate ESCLUSIVAMENTE a loro e non sfruttate parassitariamente di chi ha la pancia piena.
Comunque trovi tante risposte nei link allegati ai miei post di seguito.
So vorrete fare semplicemente propaganda accomodatevi pure, ma sappiate CHE LA POPOLAZIONE ITALIANA NON VI SEGUE. A meno che il target sia quello delle casalinghe ignoranti che riempiono a giornata seguendo le minkiate vomitate dal capitone sui social.
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Un pò di chiarezza sul funzionamento di questa STR0NZATA.
E’ PENALIZZANTE PER CHI STA LAVORANDO E VUOLE ANTICIPARE L’ETA’ DELLA PENSIONE.
https://www.economia-italia.com/quota-100-pensioni-esempi-tabella-calcolo-eta-pensionabile
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Le alternative a QUOTA 100 se venisse abolita alla sua scadenza triennale.
https://www.investireoggi.it/economia/riforma-pensioni-quota-100-addio-ecco-cosa-studiano-al-suo-posto/
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Quota 100 E’ STATA UN FALLIMENTO.
SOLO SQUALLIDA PROPAGANDA CHE CON LA VITA E I PROBLEMI DI CHI LAVORA C’ENTRANO UNA MAZZA.
Ma il capitone E’ IN VACANZA DA UNA VITA E LA QUESTIONE NON LO TANGE.
Non è affatto avvenuto un ricambio tra pensionati e nuovi lavoratori di 1 a 1, ma di 2/3 pensionati per UN nuovo dipendente.
E in proporzione sulla forza lavoro totale ne hanno usufruito percentualmente di più I LAVORATORI DEL SETTORE PUBBLICO. Già iper garantiti e sicuri di continuare a percepire reddito da lavoro aprendosi una partita i.v.a.
https://www.money.it/Quota-100-stime-realta-ricambio-giovani-funziona
In particolare a marzo 2019 si stimavano quasi 300mila domande per l’intero anno, (le domande per Quota 100 sono partite già dal febbraio).
La Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro a marzo dello scorso anno stimava che grazie a Quota 100 100mila giovani avrebbero trovato lavoro basandosi sul tasso di sostituzione con i lavoratori che si riteneva sarebbero andati in pensione con Quota 100.
Erano state ipotizzate 314mila uscite con Quota 100 (dati Ufficio Parlamentare di Bilancio) nel corso dell’anno arrivando così a 116.180 assunzioni con l’applicazione di un tasso di sostituzione del 37%: 1 nuovo giovane assunto ogni 3 pensionati.
Il dato delle stime è stato poi ridimensionato a 200mila nel corso dell’anno. Inoltre la Fondazione, confermando anche le previsioni dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, aveva ipotizzato un tasso di sostituzione tra pensionati e giovani così ripartito:
20% per i lavoratori autonomi;
10% per i dipendenti pubblici;
60% per il settore privato.
L’Ufficio aveva così previsto che nel 2019 sarebbero andati in pensione 63mila autonomi, 94mila dipendenti del settore pubblico e 157mila lavoratori del settore privato.
I dati si basavano sulla percentuale storica del turnover tra nuove entrate a tempo indeterminato (anche con apprendistati) e pensionamenti.
Dall’analisi ne veniva fuori che le assunzioni sarebbero state:
9mila tra gli autonomi;
12mila nel settore pubblico;
94mila nel settore privato.
Nonostante le stime nel corso dell’anno 2019 le domande per Quota 100 sono state meno del previsto.
Le domande per Quota 100: la realtà
Passando dalle stime alla realtà partiamo dalle domande presentate per Quota 100, sulla base dei dati INPS, che si sono registrate a partire da febbraio 2019.
Ricordiamo che Quota 100 permette a oggi di andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi e che dal raggiungimento dei requisiti alla decorrenza della pensione è prevista una finestra di uscita di 3 mesi per il settore privato e di 6 mesi per i dipendenti del settore pubblico.
Le domande per Quota nello specifico sono state:
a febbraio 2019 le domande presentate sono state 77mila;
a marzo 2019 le domande presentate sono state circa 33mila;
ad aprile 2019 le domande presentate sono state circa 18mila;
a maggio invece le domande presentate sono state circa 15mila;
nei mesi estivi di giugno, luglio e agosto 2019 le domande in totale sono state 34mila.
Al 6 settembre 2019 le domande per Quota 100 erano arrivate alla cifra di circa 176mila, dimostrando un calo e un sottodimensionamento rispetto alle stime iniziali. A settembre già si notava il rallentamento rispetto alle stime confermato poi con i dati di novembre.
Con i dati di settembre si andava a stimare che la maggior parte delle domande di pensione con Quota 100 restavano quelle dei dipendenti del settore privato. Nonostante le aspettative le domande per Quota 100 a novembre 2019 sono state 197mila fino ad arrivare ai dati deludenti, sempre rispetto a quanto previsto un anno fa, di gennaio 2020, annunciati dal presidente INPS Pasquale Tridico.
Tridico a gennaio 2020 in un’audizione nella Commissione parlamentare sugli enti previdenziali, proprio nelle settimane in cui si parla di riforma delle pensioni e superamento di Quota 100 che è prevista a oggi fino alla chiusura della sua fase sperimentale a fine 2021, ha fornito i dati ufficiali di Quota 100.
Tridico ha annunciato che all’effettivo nel 2019 sono state liquidate 150mila pensioni con Quota 100 e rispetto alla prima stima di 314mila uscite anticipate scese poi a 290mila, quelle effettivamente avvenute sono state la metà.
Per quest’anno se ne stimano 327mila e 356mila nel 2021, ma se il trend dovesse essere quello dello scorso anno chi ha fatto queste previsioni potrebbe restare nuovamente deluso.
Sempre secondo i dati forniti dal presidente INPS poco meno di un mese fa le pensioni anticipate liquidate con Quota 100 per settori sono così ripartite:
74mila nel settore privato;
42mila nel settore pubblico;
33mila quelle dei lavoratori autonomi;
Se confrontiamo questi dati stimati sopra riportati vediamo come le pensioni anticipate siano state effettivamente meno anche ripartite per settore. Nella PA rispetto alle quasi 100mila preventivate le domande sono state poco meno della metà, anche se, come rivelano i dati di Tridico, il successo maggiore della misura si è avuto proprio nel settore pubblico rispetto al privato a parità di dipendenti se si considera che nel primo sono 15milioni rispetto ai poco più dei 3milioni del secondo.
Infatti il presidente INPS ha sottolineato come nel corso del 2019 siano triplicati i pensionamenti anticipati tra i dipendenti pubblici. Allo stesso tempo ha messo in evidenza come ben il 30% delle domande di Quota 100 siano arrivate da lavoratori in cassa integrazione o in mobilità a dimostrazione che la misura è stata utilizzata da questa fetta di lavoratori in difficoltà come ammortizzatore sociale.
Il ricambio con i giovani che arranca
E dopo aver sciorinato tutti questi dati sulle domande di Quota 100, stime e realtà dei fatti, vediamo qual è stato il ricambio generazionale. La Fondazione studi Consulenti del Lavoro come abbiamo anticipato aveva stimato un tasso di sostituzione pensioni Quota 100-giovani del 37% quindi di un’entrata ogni 3 uscite
Con i dati e le stime poi al 3° trimestre del 2019 sempre i Consulenti del Lavoro hanno riportato un tasso superiore vale a dire al 42% quindi 4 giovani in entrata ogni 10 pensionati in uscita.
Questi nuovi ingressi sembra siano anche favoriti dal contratto di apprendistato che risulta più conveniente per le aziende, specie qualora assumano giovani under 29.
A oggi i dati che abbiamo a disposizione ci dicono che il ricambio è di 1 lavoratore su 10 e bisognerà attendere nuovi dati, anche sul tasso di sostituzione del quale al momento non abbiamo aggiornamenti.
Sempre in merito al ricambio generazionale possiamo affermare che a metà dello scorso anno oltre a fornire il tasso di sostituzione l’Osservatorio della Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro aveva anche indagato i settori in cui il ricambio generazionale sarebbe stato più marcato rispetto ad altri. In particolare nel rapporto si leggeva che:
“La sostituibilità tra pensionati e giovani alla prima esperienza lavorativa è strettamente correlata alla professione e al settore economico. Non necessariamente, quindi, politiche di pensionamento anticipato si traducono in maggiori possibilità di occupazione giovanile, specie in un mercato del lavoro rigido e poco flessibile come quello italiano”.
I dati forniti dallo studio riportano un maggiore turnover per i lavori poco qualificati, mentre una più difficile sostituzione si rileva per le professioni che richiedono maggiori qualifiche.
Secondo il rapporto è nel terziario che si registra il maggior ricambio generazionale, mentre solo una parte dei posti di chi va in pensione viene occupata da giovani nella categoria dei legislatori, imprenditori, in reparti dirigenziali, ma anche tra le posizioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione o anche tra gli impiegati.
In generale sulla base dei dati degli anni precedenti si vede come i settori di hotel e ristoranti richiedano il maggior ricambio generazionale, a seguire il commercio. Questo invece risulta basso nella pubblica amministrazione, difesa e nell’istruzione.
Inoltre sempre dal rapporto si nota come anche il grado di istruzione di chi va in pensione sia più basso rispetto ai giovani alla prima esperienza lavorativa. Per quanto riguarda la PA lo sblocco del Turnover favorito dal DL Concretezza e i nuovi concorsi pubblici dovrebbero portare a un ricambio sostanzioso, ma ancora lontano. Intanto Salvini possiamo dire che non sia molto aggiornato, nell’intervista infatti ha affermato:
«Sono più di 300mila le persone che a febbraio hanno optato per Quota 100. 70mila nel pubblico impiego e 100mila sono stati i nuovi ingressi. Nel pubblico impiego copertura del turnover 100%. […] All’anno solare faremo la conta rispetto alle stime.»
I dati di Tridico che abbiamo su visto però in merito alle pensioni liquidate con Quota 100 ci dimostrano che in realtà sono state la metà di quelle stimate, solo 150mila e i nuovi ingressi possiamo assolutamente dire che non possono essere stati in rapporto 100mila. La dimostrazione è che Salvini è fermo alle stime di marzo 2019.
Se vogliamo leggere questi dati sulla base dei presupposti per i quali Quota 100 è stata creata, se non possiamo dire che il ricambio con i giovani non funziona, possiamo certo affermare che arranca.
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Quota 100, i lavoratori non la utilizzano: ecco perchè è fallita e non ha dato lavoro ai giovani
Giuliano Cazzola — 16 Agosto 2020
Cazzola era della CGIL, eletto poi con Forzamafia. Ma l’ha abbandonata dopo l’arrivo al vertice della coalizione del bifolco e fannullone padano.
Comunque ha scritto un’analisi corrispondente al vero.
Ha suscitato un certo clamore (in questa estate senza Papeete, cubiste e libagioni a base di mojito con relativa foglia di mentuccia) un articolo de Il Sole-24Ore che annunciava urbi et orbi il disincanto dei lavoratori italiani nei confronti della possibilità di andare in pensione anticipata con la cosiddetta quota 100 (la somma di 62 anni di età e 38 di contributi). A giugno, secondo l’autorevole quotidiano economico, sarebbero state presentate meno di un terzo delle domande rispetto all’anno scorso. L’interpretazione di questo trend – si tratta del minimo assoluto – è attribuita alle conseguenti decurtazioni sull’ammontare complessivo dell’assegno pensionistico a fronte di una quiescenza anticipata; il che potrebbe oggi generare incertezze, percezione di un calo di reddito a fronte di una fase in cui si naviga a vista. Le domande sono state 47.810.
Subito i sindacati si sono buttati sulla notizia: le minori richieste farebbero risparmiare all’Inps circa tre miliardi, secondo le proiezioni dell’ufficio studi della Cgil. Allora –sembra sottinteso- perché prendersela tanto se la deroga arriva a scadenza? Certo nessuno pensa seriamente di modificare o abrogare questa norma: la si lasci morire di morte naturale, se ne faccia un bel falò e si spargano le ceneri nella sorgente del Po dove Umberto Bossi raccoglieva con l’ampolla l’acqua del battesimo del Nord. Almeno se ne riconosca, però, il sostanziale fallimento rispetto a tutti gli obiettivi posti e decantati nel decreto giallo-verde. Non un caso poi che le uscite con un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne – con i requisiti bloccati fino a tutto il 2026, sono ferme a 79.093 in giugno (-17%), ma sono comunque quasi il doppio di quelle passate per quota 100.
Vedremo perché è ingannevole considerare soltanto il numero degli anni di contribuzione richiesti senza dare la dovuta importanza all’età anagrafica (che è fondamentale nello stabilire il coefficiente di trasformazione, ovvero il moltiplicatore, per la quota soggetta al calcolo contributivo). Il Sole-24Ore segnala anche un calo di quelle uscite ultra-anticipate ma costose per le lavoratrici che prevedono grosse riduzioni sull’assegno pensionistico, tramite il calcolo interamente contributivo per l’intero montante. È il caso di Opzione donna, scelta appena da 8.842 persone nei primi due trimestri dell’anno, meno della metà delle domande presentate a giugno 2019. È segnalata anche una frenata sull’Ape.
Ma torniamo al punto: perché il cavallo non si abbevera nelle acque generose di quota 100? È opportuno ricordare – innanzitutto – che chi matura il diritto entro i termini previsti non è tenuto ad esercitarlo subito, ma se lo porta appresso nel tempo per avvalersene quando ritiene conveniente avvalersene. Un’altra spiegazione importante emerge (insieme a tante altre) dal Rapporto 2020 della Corte dei Conti (CdC) sul coordinamento della finanza pubblica. In concreto quota 100, anziché essere un criterio di flessibilità, si è rivelata un’uscita assai rigida, non solo per il modo in cui erano combinati i requisiti anagrafici e contributivi, ma anche per le caratteristiche della platea di lavoratori a cui era rivolta. Come è noto gli addendi di quota 100 (62 anni di età e 38 di versamenti) sono requisiti minimi ambedue necessariamente concorrenti (non è consentito, ad esempio, neppure una sola diversa combinazione, tipo 61 +39 o 60 + 40).
I dati raccolti dalla CdC dimostrano che ad azzeccare di preciso la quota 100 doc (ovvero 62+38) sono state nel 2019 circa 5mila pensioni, il 3% del totale (rispetto alle 156.700 liquidate pari al 58% di quelle previste nella Relazione Tecnica: il primo segnale del fallimento). mentre in generale i lavoratori che si sono avvalsi della deroga avevano un’anzianità di servizio maggiore di 38 anni. Il che significa che le generazioni dei baby boomers interessate erano in grado di far valere un’anzianità minima di 38 anni prima di aver compiuto i 62 anni di età. E quindi per conseguire pure il requisito anagrafico questi soggetti hanno dovuto rimanere in attività ancora per qualche anno. Ecco perché è largamente superiore il numero di chi si è avvalso del pensionamento anticipato ordinario per conseguire il quale è richiesta una più elevata anzianità contributiva, a prescindere tuttavia dall’età anagrafica.
«La lettura dei dati sulle pensioni accolte nel 2019, disaggregati in base all’età, mostra – scrive la CdC – un generale addensamento sui 63 anni (circa il 27 per cento). I pensionati con Quota 100 con almeno 66 anni di età (e quindi prossimi al pensionamento di vecchiaia di 67 anni di età) sono mediamente il 14 per cento del complesso. Escludendo questa fascia, comunque, non si ravvisano particolari picchi o anomalie nella distribuzione dei pensionati. Questo sembra confermare – ribadisce la CdC – che la discriminante più importante, nell’adesione a Quota 100, sia stata l’anzianità contributiva piuttosto che l’età.
In sostanza, l’uscita anticipata ha finito per attrarre principalmente coloro che – per anzianità contributiva – avevano la minima distanza dalla soglia prevista per l’uscita anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne): circa la metà dei lavoratori uomini è andata in pensione con almeno 41 anni di anzianità; le donne con almeno 40 anni di anzianità risultano il 53 per cento del totale, oltre il 30 per cento ha almeno 41 anni di anzianità. Questi trend dimostrano che gli effetti di quota 100 saranno destinati – alla scadenza della deroga alla fine del 2021 – a confluire verso l’utilizzo del pensionamento anticipato ordinario, bloccato fino a tutto il 2026, a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne. Sempre che non passi l’idea delirante (che vede insieme Lega e sindacati) di ridurre addirittura il requisito contributivo a 41 anni qualunque sia l’età.
Osservando, poi, le relazioni tra le domande e le condizioni specifiche del mercato del lavoro si arriva – sempre grazie alla CdC – ad individuare un altro fallimento dell’operazione/deroghe giallo-verdi. Non è stata particolarmente significativa la spinta che avrebbe dovuto ricevere l’occupazione giovanile e, dunque, il ricambio generazionale, un processo che sarebbe stato particolarmente importante in un momento di transizione tecnologica come quello in corso.
In termini assoluti, tuttavia, si attendeva una riduzione complessiva del numero di occupati, scontando che la staffetta intergenerazionale avesse luogo non a parità di occupazione. Infatti, in un contesto caratterizzato da bassa crescita prospettica e da un mercato del lavoro che sembra non abbia ancora assorbito completamente gli effetti del rallentamento degli ultimi due anni, i nuovi pensionati con Quota 100 sono stati verosimilmente sostituiti solo parzialmente con nuovi occupati. Nelle stime, con un tasso di sostituzione (senza considerare i lavoratori in mobilità) di circa il 40 per cento, l’impatto sull’occupazione complessiva è di circa -0,2 punti percentuali. La Banca d’Italia ha stimato un impatto ancora più negativo, nell’ordine di -0,4 punti percentuali (Bollettino Economico 1/2020), senza esplicitare le ipotesi sul tasso di sostituzione.
Valutazioni diverse da quelle qui sopra riportate, sono state espresse per esempio dall’Inps, nel corso di un’Audizione parlamentare del mese di gennaio 2020: l’ente ha sostenuto come in termini di tasso di sostituzione Quota 100 abbia avuto un impatto “lievemente positivo” (senza documentare tale risultato); mentre l’Osservatorio dei Consulenti del lavoro ha viceversa stimato nel 42 per cento il tasso di sostituzione nel terzo trimestre del 2019, quindi meno di un lavoratore su due.
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