(Roberta Labonia) – È ufficiale. I 5 Stelle non possono cambiare le loro regole interne né decidere diversi criteri per le loro alleanze (né su base nazionale né, tanto meno, territoriale). Dopo 10 anni di vita suonati il MoVimento, per il fior fiore dei politicanti di mestiere e le mejo penne del bigoncio, hanno tradito loro stessi. Lo ha deciso la casta, lo ha megafonato la stampa loro asservita, praticamente tutta, tranne un paio di testate che, affette da uno strano virus, si finanziano con la vendita dei loro giornali e a cui ogni tanto scappa di dire cose vere. Tipo che i vertici del Movimento hanno fatto bene a cambiare alcune delle sue regole interne.

Non si fa così. Questi signori ci contavano sulla rigidità strutturale dei grillini e sulle loro regole della prima ora. Batterli sul campo, alla prossima tornata regionale, sapevano sarebbe stata una passeggiata di salute. Ora invece, presi alla sprovvista, si stanno rodendo il fegato pensando che ove saranno possibili alleanze locali col pd e liste civiche, potendo puntare su qualche nome specchiato, la loro vittoria sarà tutt’altro che scontata. Se la dovranno sudare. E non solo. Questi faccendieri mascherati da politici, davano per acquisito il fatto che due Sindache scomode come la Raggi e l’Appendino, che sia per dirittura morale che per le capacità dimostrate di risollevare le casse esangui di due comuni spolpati da lor signori, gli hanno dato i punti, al prossimo giro si sarebbero dovute chiamar fuori da Roma e Torino. Sarebbe stata una pacchia! Gli piacevano, ahh se gli piacevano ‘ste regole grilline, ai volponi di lungo corso!

Loro, navigati , contavano che il Movimento rimanesse un’anatra zoppa. A ben pensare a sentirsi traditi sono stati loro, non gli iscritti al Movimento, almeno non quelli (per fortuna la maggioranza), che un po’ di realpolitik ce l’hanno nel loro dna e chi si erano da tempo scocciati di vedere il Movimento combattere con le mani legate e la palla al piede.

Alla casta è stato perdonato tutto e tutto le e’ stato consentito, nella prima , quanto nella seconda Repubblica (che nella terza, coi grillini a fargli da cane da guardia, è sempre più difficile sgarrare). Un elettorato diversamente attento quando non assuefatto e complice, ha tollerato, da parte di questi signori,alleanze di ogni genere, tradimenti, scissioni, ricongiungimenti, accordi sotto banco, affiliazioni mafio/massoniche, peculati, abusi, condanne, poltronismo ultra decennale. Ora, paradosso dei paradossi, il messaggio che si vuol far passare è che sono i 5 Stelle i traditori dell’elettorato. Detto da gente che per potere, soldi e carrierismo, ha tradito financo la madre, farebbe anche ridere se non facesse incazzare.

Questo elettorato, affetto da paurosi vuoti di nemoria, all’uopo istigato, in queste ore ha ingaggiato sui social una gara a chi proferisce più calunnie verso le donne e gli uomini del MoVimento, additandoli come voltagabbana, poltronisti, millantatori e, di nuovo, come in una cantilena ossessiva, come incapaci e improvvisati. In realtà questa gente si fa inconsapevole portatrice dei timori che attanagliano i partiti che vanno sostenendo. Ora che il Movimento ha sdoganato il terzo mandato ai propri rappresentanti comunali, avrà la concreta possibilità di radicarsi sul territorio. Il che non significa aver rinnegato la Rete, piattaforma sulla quale il Movimento 5Stelle è nato e cresciuto, ma consolidarne le potenzialità, formare una classe dirigente, portare a termine progetti. In poche parole, lavorare per il lungo periodo. Come pure: darsi la possibilità di stringere alleanze sul territorio anche con i partiti significa oggi, in soldoni, poter mettere paletti al dilagare delle destre-destre italiane (altro che centro destra!).

Ebbene questi signori e gran parte del loro elettorato, aggregazione di soggetti fedeli ad un modello di politica obsoleto e sempre più ostaggio delle corruttele di cui si è nutrito, d’ora in avanti dovranno fare i conti con un Movimento che combatterà con loro ad armi pari ma con l’arma in più della democrazia diretta e del rigore morale che si è dato come prima e ineludibile regola.

E se poi questo passaggio è avvenuto con tempi e modalità che non sono stati di gradimento di alcuni pazienza (sfido altri a portare avanti processi di ridiscussione interna in un contesto eccezionale come la pandemia che ci ha colpiti).
L’imperativo di creare le premesse per continuare a lavorare nel solo interesse del proprio Paese, val bene il cambio di un regolamento. I tempi dell’agone politico vanno rispettati, altrimenti ci si ritrova fuori tempo massimo e col cerino in mano. Ma anche no.