(Nino Luca – corriere.it) – Massimo Giletti vive sotto scorta dei carabinieri da un paio di settimane. Il provvedimento della ministra dell’Interno Lamorgese è arrivato dopo che il giornalista era stato minacciato dal boss mafioso Filippo Graviano. Condannato per le stragi del ‘92 e del ‘93, intercettato l’11 maggio scorso in un carcere di massima sicurezza, Graviano di Giletti e del magistrato Nino Di Matteo diceva: «Il ministro fa il lavoro suo e loro rompono il cazzo». Questa intercettazione ambientale degli uomini del Gruppo Operativo Mobile della polizia penitenziaria era stata rivelata su Repubblica da Lirio Abate, vicedirettore dell’Espresso, nel libro «U siccu – Matteo Messina Denaro: l’ultimo dei capi».

LE MINACCE

Ma perché Graviano ce l’aveva così tanto con Giletti? «La sera del 10 maggio quasi tutti i detenuti al 41 bis erano davanti al televisore», scrive il Gom. Il conduttore su La7 aveva dedicato numerose puntate al provvedimento che aveva rimandato a casa oltre 300 boss mafiosi a causa dell’emergenza coronavirus. E proprio il 10 maggio scorso Giletti aveva fatto la lista dei nomi dei boss che stavano per essere scarcerati. Poi, nel corso di quelle puntate scoppiò anche la polemica sul mancato incarico proprio a Di Matteo alla direzione delle carceri da parte del ministro della giustizia, Alfonso Bonafede. Fu proprio Di Matteo a svelare, nel corso di una telefonata in trasmissione, la sua mancata nomina.

LA REAZIONE

«Sono molto dispiaciuto e non posso dire molto. È obbligatorio, non posso sottrarmi», ha detto Giletti raggiunto al telefono. «Solo noto che questo provvedimento della scorta arriva dopo che un quotidiano nazionale ha riportato le parole del libro di Lirio Abate. Perché hanno preso questo provvedimento solo dopo che la notizia è stata pubblicata da un giornale?».