L’ex direttore dell’Espresso, dopo l’addio alla poltrona, è stato subito salvato dal paracadute Rai. Il tutto grazie alle sue conoscenze…

(Di Giuseppe Vatinno – affaritaliani.it) – Il tema degli scacchi domina la nuova trasmissione di Marco Damilano che partirà a settembre su Rai3, “Il cavallo e la torre”, una striscia di commento di dieci minuti. Lo schema ricorda quello de “Il Fatto” di Enzo Biagi che occupava l’access prime time di Rai1 dopo il Tg. Uno spazio particolarmente pregiato, una sorta di “filetto televisivo” che promette un vasto share.

Come noto, Marco Damilano ha recentemente perso il posto da direttore de L’Espresso dopo che il gruppo Gedi l’aveva messo in vendita ed era stato acquistato da BFC Media. Il giornalista disse sostanzialmente che non gli piaceva l’acquirente per il suo passato. Damilano è famoso per le ospitate a gett(i)to continuo. La più iconica, Propaganda Live (La7), con “zoro” Diego Bianchi. Con la partenza del programma Rai saranno interrotte.

Quello che colpisce del giornalismo italiano è che c’è sempre qualcuno che casca in piedi e cioè, mentre ci sono eserciti di giornalisti “normali”, cronisti, desk e saggisti che fanno ogni giorno il loro lavoro, magari sottopagati e mossi dal sacro fuoco del giornalismo, ci sono poi quelli che sono protetti dai numi stellari e a cui può cadere anche un missile teleguidato in casa che gli rimbalza sul tetto e finisce su quello del nemico.

Non discutiamo, si badi bene, la competenza professionale di Damilano che ovviamente c’è, ma quel particolare humus intellettuale, fatto di antiche amicizie e complicità umane ed intellettuali che fanno attivare immediatamente il “soccorso rosso” di amici, parenti, colleghi che in men che non si dica gli aprono un bel paracadute di seta cinese (è il caso di dirlo) e salvano il malcapitato.

Ed è per questo che alla fine il giornalismo italiano è chiuso e non si rinnova. Ad esempio in Tv comandano sempre e solo un ristrettissimo gruppetto di potere, che abbarbicato al predellino del bus scalcia contro tutti quelli che cercano di salire, in ispecie soprattutto contro i giovani che sono più deboli e meno tutelati.

Sarebbe quindi bello che Damilano non avesse utilizzato il solito paracadute (immaginiamo temporaneo) Rai ma si fosse cercato –come tutti- un posto da solo ottenuto unicamente per la sua bravura. Oltretutto sarebbe così molto più coerente con la visione del mondo che racconta.